Per il carnevale ci sono le piazze, non l’aula del Senato

Pubblicato il 2 ottobre 2015, da Politica Italiana

Grandi clamori e grandi proteste in aula del Senato per il procedere dell’approvazione delle modifiche costituzionali. Meno male che nel PD si è avuta la saggezza di trovare un accordo.

Ma al di là del merito opinabile della riforma sono giustificate le tante parole in libertà (colpo di stato, regime autoritario ed altre sproporzionate banalità) usate dall’opposizione, Lega e M5S in particolare?

Naturalmente ci sono dei precedenti. Per tutte vale quello del dibattito sulla approvazione della cosiddetta “legge truffa”, colorito termine inventato da Giancarlo Pajetta, aggressivo e fantasioso parlamentare del fu PCI. La legge era una modestissima legge maggioritaria (almeno per i criteri del nostro tempo) che prevedeva l’assegnazione del 65% dei seggi alla Camera al partito o coalizione che avesse comunque raggiunto il 50% dei voti. Il Senato fu convocato dal presidente Meuccio Ruini la domenica delle Palme del 1953, per consentire l’approvazione della legge in tempo utile per essere usata nelle elezioni politiche che erano alle porte. Ciò scatenò quelli che nei verbali si definiscono tumulti d’aula e nelle cronache giornalistiche più dettagliatamente descritti: lancio di calamai (allora c’erano), lancio dei leggii dei seggi scardinati dai banchi verso la presidenza, assalto al banco della presidenza del Senato per impedire la proclamazione delle votazioni (ed allora la delegazione parlamentare PCI era fornita di robusti operatori sindacali, abituati al servizio d’ordine). La legge fu comunque approvata, anche se poi non scattò, perché la coalizione si fermò al 49,8%.

Con tutto questo clamore tuttavia le opposizione dovrebbero rispondere ad una semplice domanda: cosa di diverso dovrebbe fare il presidente Grasso di fronte alla valanga di 85 milioni di emendamenti? Sarebbe una prova di rispetto della democrazia parlamentare accettare il ricatto: o introducete modifiche gradite alla minoranza ed allora ritiriamo gli emendamenti altrimenti state qui a votare gli emendamenti fino alla fine della legislatura e rinunciate alle riforme?

I regolamenti parlamentari esistono appunto per dare ordine ai lavori parlamentari. Consentire anche l’ostruzionismo, ma entro certi limiti. Ostruzionismo finalizzato a far percepire all’opinione pubblica la portata delle norme che si stanno approvando, anche ritardando i lavori parlamentari con argomentazioni fittizie od espedienti di varia natura. Ma mai per portare alla morte della Istituzione con l’impossibilità di farla funzionare.senato005-1000x600

Così non è che sia consentito ad ogni parlamentare di fare in aula quello che vuole. In genere i tempi sono predeterminati dalla conferenza dei capigruppo, a maggioranza o all’unanimità, ad ogni gruppo viene assegnato un tempo totale per la discussione generale o la presentazione degli emendamenti. Ogni parlamentare per parlare deve essere autorizzato dal proprio gruppo, che assegna il tempo disponibile, ecc. Se non viene autorizzato può solo parlare in dissenso dal gruppo per un paio di minuti. Tutte regole che non sono mai state contestate e che fanno una scelta netta: tra il diritto di ogni singolo parlamentare ed il diritto al funzionamento efficiente dell’istituzione l’accento è sul secondo.

Per questo il presidente dell’Assemblea ha dei poteri straordinari e insindacabili. Ad esempio non ammettere emendamenti senza alcuna portata normativa, usare il famoso canguro che elimina con una sola votazione emendamenti multipli (ad esempio se una norma prevede una scadenza si possono fare infiniti emendamenti introducendo migliaia di giorni diversi in ogni emendamento). E infine una volta fissata dai capigruppo il calendario d’aula organizzare i lavori in modo tale che si possa arrivare alla conclusione nel tempo fissato, anche facendo decadere tutti gli emendamenti.

Tutte cose normalmente previste ed applicate. Certo a leggi di modifica costituzionale con cautela. Ma le sgangherate proteste dell’opposizione sono un po’ patetiche perché ci sarebbe un solo modo per evitare forzature comunque previste dai regolamenti parlamentari: ridurre il numero degli emendamenti a quello governabile, che può essere anche di qualche migliaio, lasciando spazio anche all’ostruzionismo ma consentendo la discussione nel merito. La democrazia parlamentare è una cosa seria. Se si pensa di usarla dileggiandola, affidando ad un computer la redazione di milioni di emendamenti senza senso, ha gli strumenti per difendersi.

P.s. A riprova della inconsistenza degli argomenti messi in campo dall’opposizione si è contestata la firma autografa del sen. Cochancich, firmatario di un emendamento all’art. 1, contestazione accompagnata da insulti e vituperi di ogni genere che qualificano chi li ha gridati. Ma forse che Calderoli ha firmato uno per uno i suoi 85 milioni di emendamenti?

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