Arriba Espana? No mas: (e)lezioni spagnole

Pubblicato il 23 dicembre 2015, da Nel Mondo

Anche i risultati spagnoli dovrebbero insegnare. Anche lì si confermano due fenomeni. La fine delle famiglie politiche tradizionali che hanno organizzato la tradizionale alternanza democratica nell’occidente europeo. Fin nel dopoguerra con la costruzione dello stato del benessere, sia pure con il condizionamento della guerra fredda, nella maggior parte dell’Europa occidentale, con la caduta della dittature franchista in Spagna. Dovrebbe esserci anche la caduta dell’illusione un po illuministica che esistano leggi elettorali perfette. Per lungo tempo si è guardato anche in Italia al modello elettorale spagnolo come strumento di stabilità governativa. Per non parlare del maggioritario secco inglese.

Come in Francia (ma potremmo dire come in Polonia, Ungheria, Danimarca, ecc.) il cittadino non trova risposte che gli sembrano adeguate nei partiti tradizionali, che pure in Spagna hanno avuto il merito di accompagnare il paese senza spargimento di sangue all’uscita da una dittatura sanguinaria e feroce e di assicurare una straordinaria trasformazione economica. Si rivolge ad altro. Se non gli si propone un pensiero capace di affrontare le profonde trasformazione della contemporaneità si rivolge a partiti che suscitano emozioni (o illusioni). In sostanza se si sommassero i voti di chi consapevolmente rifiuta di votare ritenendo inutile la democrazia a quelli raccolti da forze che in modo semplificato si possono definire anti sistema (o meglio di rifiuto delle forme tradizionali della democrazia) nascerebbe un grande partito dei risentimenti, come ha scritto Ezio Mauro. In ogni caso: non è antipolitica, è una domanda politica diversa. Con cui occorre sapere confrontarsi offrendo una alternativa diversa.

Dovrebbero riflettere coloro che ha sinistra passano il loro tempo a tentare di distruggere Renzi. Che ha dei tratti caratteriali discutibili (per me), che può anche avere delle superficialità, ma che ha capito perfettamente questo stato dell’opinione pubblica europea: o le forze politiche del novecento sono capaci di radicali rigenerazioni, offrendo un nuovo inizio, una storia nuova fuori da un pigro continuismo, oppure la domanda politica del cittadino si rivolge altrove. Non in una semplice alternanza, ma verso avventure il cui esito democratico non è affatto scontato (bisognerebbe leggere l’ultimo libriccino di Casaleggio per capire la pulsione totalitaria che si nasconde dietro, pensando di imporre stili di vita, comportamenti pubblici e privati, l’illusione di creare un mondo perfetto, che è stata proprio l’ambizione dei grandi totalitarismi del novecento, per fortuna la realtà di M5S sta evolvendo in modo più complesso). Renzi, piaccia o no, è un argine a questa deriva. Bisognerebbe aiutarlo invece di indebolirlo. Ed anche lui dovrebbe farsi aiutare.spagna

Sono meno ottimista di Renzi però sulle virtù benefiche delle leggi elettorali. “Con l’Italicum si saprebbe la sera stessa chi governa”. Ora qui sono più in imbarazzo. Molti amici di cui ho stima, da Tonini a Ceccanti; sono convinti che le leggi elettorali possano fare la politica. Che leggi elettorali ad effetto maggioritario, anche radicale come l’Italicum, indirizzano le forze politiche all’aggregazione ed alla competizione bipolare. Solo che partiti tradizionali indeboliti non riescono a guidare questi processi e la democrazia non è solo il luogo della razionalità, è il luogo di passioni sentimenti ed, appunto, risentimenti. Ora è vero che si potrebbe sapere subito chi governa. Ma la democrazia è malata se c’è un paese legale ( quello che appare in Parlamento) molto diverso da quello reale e opinioni, scelte, sentimenti che stanno nel paese reale restano escluse dalla rappresentanza parlamentare. Per forza diventa debole il parlamento, per forza diventa debole il Governo. E’ vero che il doppio turno offre al cittadino la scelta del meno lontano da lui. Ma se si somma l’assenza dal voto al primo turno (rifiuto della partecipazione democratica) con il rifiuto della partecipazione al secondo turno perché non piace nessuno dei due contendenti la malattia resta comunque.

Ancora una volta: soprattutto ripartire da un pensiero politico capace di offrire al cittadino una visione, una ragionevole fiducia sulla capacità di migliorare le cose, di offrrire ragionevoli tutele per la vita propria e della propria famiglia. Da qui bisogna partire. Poi vengono le forme della democrazia, le architetture elettorali, i contrappesi. Ma senza pensiero unificante la malattia resta. Non la si vedrà in Parlamento ma resta grave fuori.

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2 commenti

  1. Franco Luigi
    23 dicembre 2015

    Ciao Paolo, senz’altro la tua analisi è giusta però innanzitutto bisogna che i politici che talvolta vengono proposti non riscuotono la fiducia nell’elettorato. E’ stato e continua ad essere un “magna – magna” non più tollerabile e la gente si è stancata e ritiene che il proprio voto sia comunque inutile “tanto fanno quello che vogliono perché sono in torta”.
    Bisognerà cominciare a pensare a che solo due o tre partiti politici, al massimo, possono essere eleggibili. Basta con questa frammentazione di partiti. Ciao e grazie. Franco


  2. Paolo
    23 dicembre 2015

    Sono d’accordo. I troppi cattivi esempi (dalla disonestà alla incapacità) allontanano i cittadini dalla politica. Ma allontanandosi lasciano ancora più campo libero ai disonesti ed agli incapaci. Un politico disonesto senza il popolo ruba di più, un politico onesto senza popolo alle spalle non ha nessuna forza. Secondo me più che leggi maggioritarie (troppo) servirebbero soglie di accesso più alte. IL problema tuttavia è che poi i partiti si frammentano. Molti partiti sono presenti in parlamento ad esito di scissioni dei parlamentari! Cari auguri


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