Brexit e la forza delle paure

Pubblicato il 24 giugno 2016, da Nel Mondo

Sentiremo tutti una infinità di commenti su Brexit. E sarà bene capire fino in fondo. Anche perché potrà esserci una specie di effetto domino che metterà in discussione molte cose. E se vincesse Trump?

Per il momento una sola osservazione che è però centrale. Semplificando un po’ hanno votato per l’uscita i più poveri, i più spaventati, i più stressati dalla globalizzazione per remain i più benestanti, i più “globalizzati”. Ed è un fenomeno che si sta ripetendo nel mondo: dagli Stati Uniti dove è il ceto operaio a votare per Trump a Roma e Milano, dove nei quartieri popolari si vota a destra o M5S piuttosto che il PD.

Questo voto per classe, magari rovesciato rispetto al passato, esprime una sofferenza sociale che ha accompagnato la globalizzazione che non è stata affrontata con il respiro necessario. Pensando che fosse transitoria. Ma se non si danno risposte razionali e convincenti all’impoverimento, alla mancanza di lavoro, alle paure che derivano dall’incontro con mondi sconosciuti, il popolo decide da sé. Anche in modo irrazionale. Perché ha votato exit il piccolo commerciante, illudendosi di trovare maggiore difesa fuori dall’Europa quando succederà il contrario, con la diminuzione del potere d’acquisto. L’operaio senza lavoro, il pensionato spaventato perché il mondo gli cambia attorno. E poiché l’uscita non è la soluzione ma semmai la complicazione di problemi esistenti aumenterà la frustrazione dei più deboli. Con una distorsione del dibattito pubblico, perché adesso in tutta Europa si rafforzeranno i populismi sul ritorno al nazionalismo. Con grande godimento ad esempio della Cina, che vede un mondo occidentale frammentato. Magari anche della Russia di Putin che riacquista potere strategico.brexit

Non avendo mancato di mettere in luce alcuni limiti del “renzismo” bisogna però dire che su questo piano Renzi aveva sollevato con decisione la questione a livello europeo: se non c’è lavoro, non c’è sicurezza, non c’è ragionevole sicurezza sul futuro l’Europa è destinata a diventare da sogno incubo. Come scrisse a suo tempo il grande sindaco di Firenze Giorgio La Pira: “A che serve un bilancio in pareggio se non è in pareggio la vita? Il più bell’esempio di globalizzazione democratica rischia di diventare un fallimento annegato dagli egoismi nazionalistici. Solo che poi il popolo corre più veloce degli opportunismi di leader in crisi.

Ho fatto più volte l’esempio degli Stati Uniti dopo la grande crisi del ’29, con un massacro sociale senza precedenti. Roosevelt, fin lì un moderato prudente, prese in mano il paese con un grande ed inedito progetto sociale, attorno al quale arruolò le migliori menti disponibili, a cominciare da Keynes. Un new deal, un nuovo patto appunto, da stringere con il popolo e le sue rappresentanze. Inventando strumenti nuovi ed immediati per superare l’emergenza dei senza lavoro. Ci volle parecchio tempo perché l’economia statunitense ripartisse davvero, ma intanto Roosevelt trasmise l’idea che la politica capiva la sofferenza del popolo e faceva tutto quel che poteva. Negli stessi anni la risposta in Europa ad una crisi simile fu in Germania il nazismo non la democrazia.

Resto convinto che l’Europa sia la soluzione e non il problema. Ma occorrerebbero leader convincenti. Quando si fa il compromesso al ribasso scegliendo come capo della commissione un politico modesto ed usurato da una lunga frequentazione con i poteri come Junker è chiaro che si da il segnale che l’Europa non è una nuova speranza ma un apparato burocratico da far vivacchiare.

Vedremo quel che succederà, perché poi passata l’immediata emotività anche dei mercati, la realtà va affrontata. Me senza un disegno ispiratore non si rimedia. Ripeto le parole dell’intervista di prodi su Repubblica “Il problema centrale della gente nel mondo contemporaneo è l’insicurezza economica, la paura sociale e identitaria…Il problema è che alle grandi forze politiche nazionali manca una interpretazione della storia e del presente…non si tratta di cambiare i politici, ma di cambiare le politiche”. Ed alla domanda sulla lezione da trarre così risponde: “Progetto e radicamento popolare. Il cambiamento possibile fatto entrare nel cuore della gente. Il solo ad averlo capito è Papa Francesco”

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