Ciampi, italiano per bene

Pubblicato il 17 settembre 2016, da Politica Italiana

Le parole sconsiderate di Salvini su Ciampi mi hanno fatto ricordare le occasioni che ho avuto di lavorare con lui. Parole sconsiderate perché non c’è nulla di male in sé a sottrarsi alla retorica laudativa che accompagna i morti celebri. Del resto in effetti Ciampi rappresentava valori del tutto estranei a Salvini: era un convinto europeista, credeva nella dignità di ogni persona umana, cattolico non bigotto che aveva in disprezzo l’uso politico della religione, un uomo dal tratto gentile e rigoroso, educato al rispetto. E’ chiaro che sono qualità a cui è estraneo Matteo II. Si può essere avversari, ma capaci di riconoscere la grandezza umana e politica dell’avversario. Ma per riconoscere la grandezza umana bisogna sapere che cosa sia…

Ricordo la sua elezione nel 1999, le riunioni che l’hanno preceduta. L’ambizione che era emersa allora nel Partito Popolare ancora in vita di poter esprimere una candidatura, sulla base di un vecchio schema: poiché era Presidente del Consiglio un ex comunista (D’Alema), la Presidenza della Repubblica doveva andare ad un cattolico. Si pensava a Rosa Russo Jervolino (la prima volta di una donna con l’handicap di una voce impossibile, già pensavo ai messaggi di fine anno…) ma sotto sotto si profilava (anche allora!) l’ipotesi di una candidatura Marini. Rivedendo i miei appunti del tempo rilevo che intervenni alla riunione del gruppo (credo in modo un po’ inurbano) evidenziando che la candidatura di Ciampi, per ciò che rappresentava ed i consensi che poteva avere, era imbattibile, corrispondeva alle esigenze del paese in quel momento, e l’unica cosa che poteva fare il PPI era di sposarla subito ed interamente. Cosa che poi in effetti avvenne e ci fu l’immediata elezione di Ciampi pressochè all’unanimità. Anche Berlusconi, naturalmente.ciampi

Non ho avuto naturalmente molti rapporti con Ciampi Presidente: qualche visita al Quirinale da sottosegretario e soprattutto in occasione del Giubileo dei Parlamentari del 2000, per il quale convennero a Roma parlamentari di tutto il mondo, ed ebbi l’onore di parlare in nome del Parlamento italiano nella Assemblea plenaria.

Invece ho avuto rapporti abbastanza intensi con Ciampi Ministro del Tesoro. Un altro servizio generoso all’Italia. Non è proprio consuetudine che dopo aver fatto il Presidente del Consiglio uno accetti di fare il Ministro. Ma Prodi giustamente riteneva importante in quella fase avere un Ministro del Tesoro di elevatissima reputazione internazionale. Ciampi dopo qualche resistenza accettò, sapendo bene che le motivazioni di Prodi erano fondate. Pose solo la condizione di potersi fare la squadra dei sottosegretari senza condizionamenti. Ed in effetti allestì una squadra straordinaria, all’altezza della sfida e delle ambizioni della prima stagione dell’Ulivo. Nessuno parlamentare. Piero Giarda, economista della Cattolica di Milano, competente e appassionato. Giorgio Macciotta, che era stato Segretario Nazionale della CGIL scuola ma poi era diventato un esperto del Bilancio dello Stato, di cui conosceva ogni piega, dando dei punti anche alla Ragioneria dello Stato, Filippo Cavazzuti un economista dell’Università di Bologna tra i fondatori di Prometeia, del giro di Prod, che era stato a lungo senatore per il PCI/PDSi, e Laura Pennacchi, una economista in particolare esperta della materia pensionistica, che poi abbandonato l’impegno politico ha scritto libri importanti sul tema della diseguaglianza, dei beni comuni, del nuovo welfare. Non c’è più stata una squadra così ben assortita, competente, appassionata, legata al Ministro da un rapporto di stima e di devozione. E gli effetti si vedevano in particolare sulle leggi finanziarie.

E’ stato in quei momenti che ho avuto modo di conoscere bene e di stimare davvero Carlo Azeglio Ciampi. Come relatore della legge finanziaria intenso era il lavoro con lui e la sua squadra. Naturalmente il lavoro quotidiano in Commissione ed in Aula lo lasciava alla sua squadra ma la regia era saldamente delle sue mani. Aveva la capacità di andare velocemente al nocciolo della questione, comprendendo i nodi politici, fermo sulle cose essenziali ma flessibile nel trovare le strade alternative. E la sua autorevolezza bastava a volte ad impedire manovre o manovrette che con altri ministri accadevano. Un uomo all’apparenza austero, ma invece molto alla mano, di spirito pronto.

Un uomo che aveva dei valori in cui credeva profondamente. Conoscendolo ho imparato meglio cosa voglia dire avere davvero il senso dello Stato. Un italiano per bene, un grande della patria, che ha servito davvero gli interessi dell’Italia, caro Salvini, altrochè.

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