En attendant Macron

Pubblicato il 28 aprile 2017, da Nel Mondo

Speriamo. Che Macron vinca in Francia. E che poi in Germania vinca o Schulz o la Merkel. Sarebbe la reazione di una opinione pubblica europea che non si rassegna a privarsi del futuro, illudendosi di poter tornare indietro a impotenti stati nazionali in un mondo globalizzato. Debolezze contro nuove potenze globali che si affermano.

Qualche riflessione in attesa della domenica decisiva, per aspetti che possono avere una parentela con le vicende italiane.

Macron arriva primo, oltre ad ogni previsione. Intuisce il vuoto che si era creato nella politica tradizionale e cerca di riempirlo con una proposta “altra”. In questo simile a Renzi. Però più solido per studi ed esperienza. Rinnova senza rottamare le intelligenze. Sceglie un temo scomodo, l’Europa, e ne fa una propria bandiera. Renzi usa l’argomento sempre con una strizzata d’occhio al populismo: no all’Europa della burocrazia, non pagheremo se non ci daranno quello che chiediamo, l’Europa dei conti, ecc. Macron sposa con più forza e meno ambiguità l’idea di un patriottismo europeo. Una Europa diversa, certo, ma una Europa che sta comunque nei destini della Francia.

I partiti tradizionali, attorno a cui si era articolato il bipartitismo francese, con l’alternanza alla guida della Nazione, si dimostrano non in grado di aprire una fase nuova, o così sono percepiti da moltissimi elettori. Il Partito Socialista ridicolizzato elettoralmente. Schiantato dalla inadeguatezza della presidenza Hollande e dalle divisioni interne. La tradizione non basta. Anche una grande tradizione può diventare in brevissimo tempo improduttiva, se si sbaglia molto, se non si affronta il futuro. Lezione per il PD!macron

Le primarie: anche qui una bella lezione. Perché socialisti e gollisti hanno scelto il loro candidato attraverso primarie e primarie molto partecipate. Eppure candidati scelti con questo metodo non riescono, per la prima volta nella storia della repubblica, ad arrivare al ballottaggio. Il metodo senza contenuto politico non serve. E le primarie hanno un valore partecipativo se alle spalle hanno un chiaro e percepibile progetto politico. Non rimediano alla mancanza di un progetto.

L’elettorato popolare in Francia come altrove viene sedotto da una sorta di voto antisistema comunque. È la rivolta degli sconfitti della globalizzazione che non si riconoscono più nelle tradizionali classifiche di destra e di sinistra. Possono votare indifferentemente Le Pen o Malenchon. Gli elettorati dal punto di vista della composizione sociale sono molto sovrapposti. Per questo la partita non è già vinta e per questo Malenchon non dà indicazioni di voto per Macron al momento. Perché ha un tipo di elettorato (un po’ come Grillo) populisticamente trasversale che si aggiunge al più tradizionale elettorato a sinistra.

I sistemi elettorali aiutano la soluzione, ma non risolvono senza politica. Alla sera il popolo deve sapere chi ha vinto. Illusione mal fondata. Si saprà se vincerà Macron, ma poi anche lui sarà con ogni probabilità alle prese con una maggioranza parlamentare incerta e dovrà scendere a patti, costruire alleanze parlamentari. Anche il sistema spagnolo era considerato molto efficiente, ma ha prodotto dopo tre elezioni consecutive un governo di centrodestra con l’appoggio esterno obbligato dei socialisti, che probabilmente pagheranno elettoralmente questa scelta.

Sistemi maggioritari per assicurare la governabilità? Sì, con sistemi stabilizzati, con partiti che in larga parte condividono i valori costituzionali, le regole di una democrazia parlamentare, ecc. Ma è prudente in situazioni politiche di forte emotività nel voto, di proposte populiste che prendono voti all’insegna della rottura dei patti costituzionali convenuti, con leadership casuali? Quando vediamo alla guida della maggiore potenza mondiale un signore che cambia idee ogni settimana, che parla disinvoltamente di una guerra nucleare in Corea del Nord, che afferma che in fondo il problema del dittatore nord coreano, dalla fucilazione disinvolta degli avversari politici o di chi ritiene tali, è solo che è troppo giovane. In un sistema così destabilizzato bisogna pensare che forme meno solitarie ed autoritarie della gestione del potere siano un necessario antidoto all’improvvisazione al potere.

Ho un po’ semplificato.Vedremo i risultati. Viva Macron, comunque

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