Fedriga vola alto come e più di Zaia. E il ritorno alle urne si avvicina

Pubblicato il 30 aprile 2018, da Politica Italiana,Veneto e Nordest

VeneziePost 30 aprile 2018

I significati nazionali del voto per le regionali vanno sempre considerati con prudenza, il voto politico è diverso da quello amministrativo. Ancora più prudenza ci vuole quando si tratta di una Regione a statuto speciale del tutto particolare come il Friuli Venezia Giulia. Però si sa che nei momenti di incertezza politica ogni consultazione elettorale pesa. In fondo fu proprio la sconfitta alle regionali del 2000 che pose fine all’esperienza del Governo D’Alema e la sconfitta alle regionali in Sardegna nel 2009 che dette il colpo di grazia alla segreteria Veltroni nel PD.

I risultati in Friuli sono quelli previsti come direzione dei flussi di voto, ma di dimensioni forse superiori alle aspettative. Va sottolineato che la partecipazione al voto è stata praticamente la stessa di 5 anni fa, 49,7 in luogo del 50,5.

Netta la vittoria di Fedriga. Non c’è stato il testa a testa della volta scorsa Serracchiani/Tondo risolto per 2.000 voti. Lega più lista Fedriga fanno il 41%. Come il 40% di Zaia più Lega in Veneto nel 2015. Alle politiche la Lega aveva preso il 25,8%. Un bel passo in avanti. Forza Italia è molto indietro, però ha tenuto rispetto alle politiche. In un quadro difficile, con un elettorato disorientato dalle incertezze sulla candidatura a presidente, primo Tondo e poi Fedriga, Forza Italia è al 12 rispetto al 10,7 delle politiche. Si profilano risultati interessanti nei comuni, anche a danno della Lega.

Il PD affronta la sconfitta prevista e stra-annunciata. Tuttavia Bolzonello si difende con dignità. La sua coalizione prende il 26,8%, alle politiche aveva preso il 23, il PD perde ancora qualcosa scendendo dal 18,7 al 18,1, tenendo però conto che la lista Cittadini per Bolzonello Presidente arriva al 4%.

Il vero drammatico crollo è quello del M5S. Si potrebbe dire che due mesi di cura Di Maio hanno decimato l’elettorato grillino. È un elettorato particolare, con forti pulsioni sul voto politico, con motivazioni di carattere generale, un voto di protesta che si esprime sulle politiche nazionali. Però evidentemente passare dal Vaffa alla responsabilità di governo non è una cosa semplice. I dati sono impietosi: alle politiche il 24,6%, sul candidato presidente l’11,8, come voto di lista un misero 7,2. Perdere in 60 giorni più di due terzi dei voti è una impresa non da poco. In Molise il PD era passato dal 15,9 al 9% ed era stato dileggiato dai grillini…

Nessuna sorpresa perciò per il governo regionale. Semmai va considerato che si completa l’asse del Nord a trazione leghista: al Veneto e alla Lombardia si aggiunge ora il Friuli Venezia Giulia, e possiamo considerare protoleghista la Liguria di Toti. Resiste la specificità del Trentino Alto Adige che fa storia a sé e il Piemonte di Chiamparino, dove tuttavia alle politiche i rapporti di forza erano 41 al Centro destra e 25 al centrosinistra. Il cuore produttivo del paese ha assunto questo orientamento.

Vanno considerati i riflessi nazionali. Andremo alle elezioni presto? Mi sembra la strada più probabile. Per evitarle ci vorrebbe molta fantasia e generosità politica. Ma una certa superficialità nella gestione della vittoria, particolarmente da parte di Di Maio, ha molto complicato la partita. Scommettere dapprima sul divorzio di Salvini da Berlusconi (che come noto fa pagare cari tutti i divorzi) e poi su un PD derenzizzato non è stato molto avveduto. Costruire alleanze politiche senza pagare alcun prezzo è impossibile. Con i risultati in Molise ed in Friuli Venezia Giulia i margini di manovra si sono molto ristretti per l’aspirante Presidente del Consiglio. Si parla molto delle divisioni in casa PD, tra l’altro logiche dopo una sconfitta di questa dimensione, si dovrebbe parlare di più dell’incapacità del Movimento 5 Stelle di gestire una vittoria, sia pur parziale.

Del resto potrebbero accettare ora una soluzione che hanno rifiutato nelle settimane scorse: Salvini premier con Berlusconi dentro? Potrebbe Salvini accettare un governo di incerta maggioranza con Di Maio premier, rompendo con Berlusconi di cui è certo di ereditare una ulteriore fetta di elettorato e magari di marciare verso il partito unico? Evidentemente no.

Resterebbe la strada che ha suggerito Renzi: un governo legato ad un patto sulle riforme (elettorali e costituzionali) che consentano di andare alle elezioni. Anche questa molto difficile. Di Maio dichiara: “È vergognosa la maniera in cui tutti i partiti stanno pensando al proprio orticello e ai propri interessi di parte”, ma di questa commedia appare protagonista principale, visto che in questi due mesi di discorsi l’unico punto fermo è stata la sua irremovibile aspirazione ad essere Presidente del Consiglio.

Restano molte variabili possibili sul come andare al voto e sulla vicinanza del quando. Qui si eserciterà Mattarella ma la probabilità di avere quel governo di legislatura che servirebbe al paese mi sembra ai minimi termini. Cosa ne penseranno gli italiani?

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1 commento

  1. Paolo
    30 aprile 2018

    Io l’ho pensato dall’inizio :impossibile nessun accordo , si votera’ in Ottobre. Mattarella provera’ con un tecnico ,o con Salvini, passera’ nuovo tempo e si arrivera’ all’estate e cosi’ via


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