Fake news, da Rossini ai gialloverdi

Pubblicato il 6 agosto 2018, da Politica Italiana

Le fake news come strumento di governo o di rapporto con gli avversari non sono proprio una novità. Come dice la famosa aria di don Basilio nel Barbiere di Gioacchino Rossini: “la calunnia è un venticello /un’auretta assai gentile/ che insensibile, sottile/ leggermente, dolcemente/ incomincia a sussurrar/ lo schiamazzo va crescendo/ prende forza poco a poco/ vola già di loco in loco/ alla fin trabocca e scoppia”. E non c’è speranza per chi ne viene colpito: “e il meschino calunniato/ avvilito, calpestato/ sotto il pubblico flagello/ per gran sorte ha crepar.”
Nulla di nuovo perciò, se non la potenza dei mezzi a disposizione, come dimostrano tante analisi ed inchieste, da ultimo gli attacchi al Presidente Mattarella giunti a quanto sembra da fonti russe (saranno piaciuti al neo non presidente della Rai, vicino ai media di Putin…).
Poteri solidi impiegano tempo e soldi perché sanno che per questa via si ottengono risultati, non è solo un gioco da “leoni da tastiera” che sfogano risentimenti, rancori e frustrazioni, ma un modo di orientare in profondità pezzi di opinione pubblica. Altro che uno vale uno.
Bisogna sapersi difendere. Un modo è la presenza di autorità tecniche indipendenti, che aiutano a conoscere la realtà. Ed è proprio per questo che danno così fastidio agli esponenti del governo in carica. L’ inps sostiene che il decreto dignità produrrà un calo occupazionale? Il presidente Boeri se ne deve andare, anche se la legge non lo prevede. L’istat ha la pretesa di pubblicare dati statistici non favorevoli? Lo si deve mettere in discussione. Pur di avere il controllo si viola la legge. Come sta accadendo con la Rai. Il cui amministratore delegato viene nominato dalla maggioranza e non ci piove. Ma il Presidente non basta che ottenga il voto della maggioranza, deve avere quello dei due terzi della Commissione di vigilanza. A garanzia di tutti. Allora i 5 stelle avevano criticato questa norma perché la ritenevano troppo favorevole al governo, ora vorrebbero travolgerla, assecondando le prepotenze di Salvini.
Sempre sul decreto dignità Veneto lavoro, organo tecnico della leghistissima Regione Veneto prevede che se fosse stato in vigore il decreto dignità nei soli primi quattro mesi dell’anno si sarebbero presi 4.500 posti di lavoro. Quello del resto che in modo allarmato unanimemente sostiene il sistema produttivo veneto. Eppure a questi allarmi non si risponde, anzi si sostiene che sono del tutto ingiustificati.
Intendiamoci: nel mercato del lavoro ci sono molte cose che non vanno, la necessaria flessibilità viene anche diffusamente abusata. Giovani (e meno giovani) sono impiegati con modalità di sfruttamento autentico. Ma non basta rilevarlo. Chi sta al governo deve evitare che i rimedi siano peggiori del male o immaginare che una norma di legge abbia il potere miracoloso di risolvere problemi di enorme complessità (e diversità). Chiunque di noi abbia un qualche rapporto con una attività produttiva, dal negozio sotto casa, al ristorante, all’ impresa più strutturata può avvertire quel che sta succedendo: a seconda delle strutture e delle vocazioni o il mancato rinnovo dei contratti o il loro spostamento verso il nero assoluto, in condizioni ancora peggiori. E le fake news non cambiano la situazione.
Verrebbe da ricordare l’art. 4 della nostra bella Costituzione che ricorda il dovere di ogni cittadino di contribuire non solo al benessere materiale ma anche a quello spirituale della società. Dentro a quella nozione di spirituale ci stanno anche quei doveri di verità e di lealtà che contribuiscono appunto alla tenuta sociale.

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