Finita la povertà, a quando il decreto per garantire la felicità

Pubblicato il 28 settembre 2018, da Politica Italiana

L’odio e la paura sono stati sempre sentimenti potenti della convivenza umana e sono stati sfruttati dalla politica. Sempre con esiti tragici. Da quei sentimenti non è mai nato nulla di positivo.

Si dirà: in fondo per tanti anni l’Italia si è retta su una divisione, quella tra comunismo ed anticomunismo. Nemici in patria. Sì ma con limiti forti: la comune memoria della tragedia della guerra e del nazifascismo, i valori della Costituzione davvero condivisi e soprattutto la voglia di crescere, di ricostruire più forte delle paure e un ciclo economico e politico che portava ad avere fiducia nel futuro con un miglioramento del benessere collettivo.

C’è una costante nella pubblica narrazione del governo gialloverde (e la narrazione vale più della sostanza): sempre l’eccitazione della divisione del paese, l’individuazione di un nemico da disprezzare ed offrire all’odio dei propri supporters, uno stato costante di tensione per esprimere il diritto padronale di comandare senza regole. Chi ha perso deve stare zitto. Il disprezzo per le opinioni differenti, il loro dileggio. Che sono le caratteristiche dei regimi autoritari.

La costruzione della manovra economica avviene con queste modalità. I nemici sono i “ragionieri” ed i burocrati nazionali od europei. Sarà la finanziaria del popolo contro le élite. Si rasenta il ridicolo dichiarando che è stata abolita la povertà, nientedimeno. Tra poco faremo la legge per la felicità.

Tutto chiesto per fare che cosa? La rivoluzione, il cambiamento dello Stato, l’innovazione coraggiosa come orientamento? Nulla di tutto questo: per applicare le eterne regole delle stagioni peggiori della politica italiana: l’assistenzialismo e l’evasione fiscale. Si possono mettere nomi più eleganti, chiamare pace fiscale il condono, dire flat tax il fatto che i più ricchi paghino meno tasse, reddito di cittadinanza erogazione a pioggia di sussidi ma la sostanza non cambia. A cui dobbiamo aggiungere un’altra nefasta abitudine: far pagare al futuro le scelte di oggi. Alcune centinaia di migliaia di persone potranno andare in pensione prima. È un problema vero, ma bisogna sapere che lo fanno facendo pagare ai loro figli e nipoti condizioni molto peggiori delle loro. Il debito non è uno schiaffo ai burocrati di Bruxelles, è uno schiaffo alle giovani generazioni.

Naturalmente capiterà quello che si sa: che una manovra economica azzardata provocherà, oltre ad una possibile procedura di infrazione a Bruxelles (i coraggiosi governanti diranno che se ne fregano, ma poi vedranno le conseguenze) ed una più immediata lievitazione dello spread che potrà essere considerata la reazione degli speculatori contro il governo del popolo, ma si mangerà con l’aggravio del pagamento del debito pubblico tutto ciò che si pensa di guadagnare nell’immediato con il deficit al 2,4%.

In tanti anni di relatore alle leggi finanziarie ne ho viste tante a proposito di puntini al posto delle cifre. Nel traffico tra Ministeri, Presidenza del Consiglio e Ministero dell’Economia viaggiano molti documenti incompleti. Ma mai ho visto un Ministro che si lamenta perché il Ministero dell’Economia non da il parere obbligatorio sulla sostenibilità del provvedimento avendo mandato un testo in cui le cifre sono sostituite da puntini ed un Presidente del Consiglio raccontare una bugia pubblicamente affermando che le coperture c’erano tutte essendo smentito dalla durezza delle carte che dimostrano il contrario.

E quando i ministri si affacciano al balcone del palazzo del potere per plaudire alla folla, si fa per dire, dei propri tifosi si conferma l’idea proprietaria delle istituzioni, come cosa di parte, non casa degli italiani ma casa nostra. Non a caso Mussolini parlava dal balcone di Piazza Venezia…Purtroppo per tutti gli italiani presto vedremo sulla nostra pelle la conseguenza della propaganda sulla finanziaria del popolo e della felicità.

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2 commenti

  1. Sergio Broggio
    28 settembre 2018

    Caro Paolo, nel 2014 governo Letta (PD) Spread al 3%, 2015 al 2,6: sotto il 3%. Rispettato il parametro europeo. Ora siamo al 2,4% per tre anni. Nulla di sconvolgente rispetto a quegli anni. Anche questo governo, come quasi tutti gli altri che l’hanno preceduto, non prende la misura che andrebbe presa per abbassare il rapporto Deficit/Pil e il debito pubblico: una tassa Patrimoniale sui beni mobili e immobili e misure iniziali per combattere l’evasione fiscale e contributiva a partire dall’IVA.


  2. Amedeo
    28 settembre 2018

    La tassa patrimoniale sui beni immobili? Ma sai di cosa parli? Oggi l’IMU è calcolata su rendite catastali che sono il doppio di quelle reali. Facilmente l’IMU vale il 25-30% del canone annuo d’affitto (2% del valire). Pagato questo (che equivale al 26% di imposta unificata sulle rendite finanziarie) il proprietario di immobili deve pagare la cedolare al 20% oppure l’imposta sul reddito se il bene è commerciale. Oltre la metà di qualsiasi reddito immobiliare va allo Stato. Zero in manutenzione straordinaria, poco in manutenzione ordinaria. Abbiamo il patrimonio immobiliare più sgangherato e schifoso d’Europa e zero competenze edilizie perché le aziende sono tutte fallite. La patrimoniale al 35%-40% in Italia c’è già dal 2011. Non spariamo cazzate per favore. E se sei del PD si capisce perché siamo stati miseramente sconfitti. É ora di sapere quanto costano le bollette e cosa serve per vivere.


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