Il pasticcio indigeribile

Pubblicato il 23 dicembre 2018, da Politica Italiana

Oggi mi dedico ai preparativi natalizi. Quindi non scrivo e approfitto di un bell’articolo di Roberto Perotti su Repubblica che vi propongo qui. Molto chiaro sui contenuti strutturali. Teniamolo a mente, perchè le cose che sono scritte sono cose che si verificheranno con la durezza della realtà.

Quando per mesi si gioca con numeri e parole, il risultato finale non può che essere un pasticcio. Nell’ultimo atto della commedia il governo ha estratto dal cilindro alcuni numeri e la Commissione ha fatto finta di crederci. Ma i conti non tornavano prima e continuano a non tornare, e le conseguenze saranno pesanti. Il problema vero del maxiemendamento in discussione (si fa per dire) in Parlamento non sta nello spettacolo poco edificante delle ultime ore: i negoziati complicati hanno spesso un finale caotico. Non è nemmeno corretta l’accusa che alla fine Bruxelles abbia scritto il bilancio: il governo ha fatto delle concessioni, ma la versione finale è ancora molto lontana dai desideri della Commissione. E ormai non è nemmeno rilevante che il disavanzo sia il 2,4 o il 2 per cento del Pil. Il problema è più profondo. Per capire perché, è opportuno concentrarsi sulle tre misure più importanti.

1. Il reddito di cittadinanza non è finanziato. Nella trattativa con Bruxelles sono apparsi miracolosamente due miliardi di risparmi sul reddito di cittadinanza; di conseguenza il governo ora stanzia sei miliardi per il 2019 e sette per il 2020. Una ricostruzione di come si è arrivati a questi numeri getta luce sulla straordinaria ipocrisia su cui si basa l’intera manovra. Il governo parte dall’ipotesi di un costo a regime di nove miliardi. Si noti che tutte le stime esistenti, incluso lo stesso contratto di governo, concordano su una spesa minima di 15 miliardi, assumendo che chi ha un appartamento di proprietà percepisca un assegno ridotto (altrimenti si parlerebbe di 30 miliardi). Il governo ha sempre negato che ci sarà un qualsiasi cambiamento rispetto ai parametri originari, ma allo stesso tempo non ha mai giustificato il passaggio da 15 a nove miliardi.

Ma assumiamo pure che il costo sia di nove miliardi: come si è arrivati agli stanziamenti ancora inferiori nel bilancio? Nelle trattative con Bruxelles ci si è opportunamente accorti che normalmente il dieci per cento degli aventi diritto non fa domanda per questo tipo di sussidi, e che la misura partirà ad aprile: la combinazione di questi due fattori porta da nove a sei miliardi la spesa per il 2019. Aggiungendo tre mesi, per il 2020 dovremmo quindi arrivare a otto miliardi. In bilancio ci sono però solo sette miliardi. Da dove verrà il miliardo mancante?

Qui la storia diventa ancora più interessante. Fonti del ministero, citate da agenzie di stampa, suggeriscono che 700 milioni verranno dal miliardo stanziato dai centri per l’impiego per il 2020. Eppure, per mesi ci era stato detto che il potenziamento dei centri per l’impiego era cruciale per evitare che la misura diventasse assistenzialismo puro, e che due miliardi (anche questa cifra messa nero su bianco nel contratto di governo) era il minimo indispensabile. Già nel progetto di bilancio erano diventati un miliardo; adesso scopriamo che dal 2020 saranno 300 milioni, anche se ufficialmente (e birichinamente) rimangono un miliardo. Era già follia pensare che, pur con una spesa di due miliardi, i centri per l’impiego avrebbero cominciato a funzionare nel 2019, o anche nel 2020. Se ce n’era bisogno, ora abbiamo la certezza che i centri per l’impiego non decolleranno mai.

Cosa succederà quando i tanti che già ora fanno la coda per il reddito di cittadinanza si accorgeranno che le loro aspettative, colpevolmente alimentate da politici inetti o senza scrupoli (scegliete voi), sono state altrettanto colpevolmente tradite?

2. La finzione delle clausole di salvaguardia. È importante capire che il maxiemendamento riguarda di fatto solo il 2019. Formalmente gli accordi con Bruxelles riguardano anche i due anni successivi, ma qui la finzione diventa farsa perché in quei due anni tutto si regge su un ulteriore aumento delle clausole di salvaguardia, che arrivano a 23 e 29 miliardi rispettivamente. Nessuna persona intelligente, a Roma o a Bruxelles, può pensare per un secondo che il governo abbia seriamente intenzione di aumentare l’Iva in questa misura. Come ha twittato l’onorevole Claudio Borghi della Lega, “l’Iva si contratta ogni anno e l’anno prossimo, se le elezioni vanno come spero, al posto di Juncker potrebbe esserci Salvini”.

Ovviamente questo governo è in ottima compagnia: le clausole di salvaguardia sono state ampiamente usate in passato (anche se non così pesantemente), e nessuna è mai stata negoziata in buona fede. Ed è comprensibile che sia così: nessun governo può realisticamente prendere impegni per se stesso oltre un anno, e men che meno può vincolare i governi futuri. Meglio allora riconoscerlo apertamente: tutto ciò che riguarda gli anni oltre il prossimo è fumo negli occhi per confondere cittadini e media. Le clausole di salvaguardia sono il frutto malato di una finzione, un frutto particolarmente pericoloso perché in qualche modo ha lo stampino di approvazione della Commissione.

3. Il pasticcio delle pensioni. Le risorse disponibili per la riforma delle pensioni nel 2019 passano da sette a quattro miliardi, ma aumentano da sette a otto e mezzo in ognuno dei due anni successivi. Una riduzione puramente temporanea, quindi, che verrà recuperata negli anni successivi; Bruxelles fa finta di accontentarsi. Incidentalmente, quasi un miliardo e mezzo di ulteriori risparmi verranno a regime dal “raffreddamento” dell’indicizzazione delle pensioni superiori ai 1.500 euro al mese (non esattamente pensioni d’oro). C’è dell’ironia in questo, perché, anche se pochi se ne sono accorti, la maggior voce di risparmio nell’odiata riforma Fornero fu proprio il blocco dell’adeguamento delle pensioni all’inflazione.

A una settimana dalla fine dell’anno nessuno sa cosa voglia fare il governo in materia di pensioni. Ma una cosa è certa: quattro miliardi sono insufficienti per qualsiasi dei progetti che sono stati ventilati in questi mesi, e men che meno per le promesse elettorali. Ma anche le risorse più consistenti previste dal 2020 saranno insufficienti, perché i costi di una riforma pensionistica sono destinati ad aumentare enormemente nel tempo. Anche in questo caso lo scollamento tra aspettative create e realtà sarà drammatico. Con le risorse presenti si potranno solo attuare provvedimenti soggetti a una miriade di restrizioni, finestre e differenze di trattamento arbitrarie e incomprensibili: ne abbiamo avuto un saggio nello stillicidio di ipotesi filtrate in queste settimane.

Lega e M5S hanno promesso mari e monti. C’è un pericolo in questa strategia, che va oltre le mere questioni di bilancio. Per distogliere l’attenzione dal tradimento delle attese e dalla loro incapacità di far fronte alla recessione imminente, i partiti di governo e i loro ispiratori alzeranno il tiro sui soliti colpevoli: l’Europa, Draghi, la finanza internazionale, il gruppo Bilderberg, i banchieri ebrei, i tecnici del ministero, le manine, gli immigrati, le scie chimiche, gli alieni, etc. etc. Prepariamoci a un’altra ondata di caccia all’untore.

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