Ma allora il federalismo era una fake news?

Pubblicato il 1 dicembre 2018, da Politica Italiana

La politica odierna vive di poca memoria. Nel giro di poco tempo si può dire una cosa e poi il suo contrario. Una parte importante dell’opinione pubblica, travolta dalla enorme quantità di notizie vere e false che gli vengono propinate, sembra non attribuire più importanza ad un minimo di coerenza.

Vi ricordate quando il Movimento 5 Stelle considerava parassita chiunque vivesse di politica? Senza distinguere? Sono andato a vedere il curriculum di Laura Castelli, quella del “questo lo dice lei” e di milioni di tessere stampate senza legge, senza gara, senza niente. Dopo una laurea triennale (in cui non sembra aver acquisito molte competenze) dichiara di aver lavorato brevemente in un caf e poi di essere stata assunta come portaborse in Regione Piemonte da un consigliere regionale di sinistra (!?) e quindi dal gruppo consiliare 5 stelle. Usando il linguaggio grillino non ha fatto altro nella sua vita che essere mantenuta dalla politica.

Sembra senza acquisire esperienza. Con l’arroganza dell’ignoranza. Il che è grave, perché amministra anche i soldi di tutti noi. Suo predecessore al Ministero dell’Economia è stato Enrico Morando. L’ho frequentato molto, abbiamo fatto quattro legislature insieme alla Commissione Bilancio. Uno che sapeva tutto, scrupoloso, ostinato nello studio, in grado di imporsi alla burocrazia del Senato e dei Ministeri. Che rispondeva punto per punto all’opposizione quando eravamo al Governo, incalzando nel merito la maggioranza quando eravamo all’opposizione. Per questo era rispettato. Le istituzioni dovrebbero essere così: luoghi della competenza, di un dibattito alto.

La memoria scomparsa: proviamo a fare un esercizio ed immaginiamo che al governo ci fosse ancora il PD (lo so, è uno sforzo notevole) e dopo 6 mesi di governo non si fosse fatto nulla sul fronte del federalismo. Pensate alla canea che avrebbe innalzato la Lega. Le intemerate di Zaia, le manifestazioni, le minacce di secessione, i convegni con le bordate del mio caro amico prof. Bertolissi, ecc.

E’ passato un anno dal referendum (inutile) per l’autonomia del Veneto. Quello che secondo la propaganda avrebbe comportato una rivoluzione, Zaia predicava: “Il nemico è Roma…Dobbiamo dimostrare di essere un popolo, il popolo veneto”. Il Sì avrebbe significato avere i 9/10 del gettito fiscale, diventare regione a statuto speciale, diventare come la Catalogna, ed altre amenità. Tanto più con la vittoria della Lega.

zaia

Adesso la situazione è che l’unico risultato concreto ottenuto da Zaia resta il protocollo d’intesa firmato con il Governo Gentiloni. Dopo zero risultati. Anzi ha detto parole chiare il Ministro per il Sud Barbara Lezzi, quella che l’incremento del PIL era dovuto al gran caldo estivo. Ora con il caldo invernale spiegherà che il PIL non riparte non per colpa delle dissennate politiche dei gialloverdi ma perché si consuma meno gas per scaldarci.

Ha dichiarato: “L’autonomia non favorirà alcuna Regione a danno delle altre. E il Nord non tratterrà alcun surplus fiscale”. Ha fatto benissimo Stefano Fracasso, il capogruppo del PD in Consiglio regionale, intervenendo sul Documento di Economia e Finanza Regionale, a sottolineare: “Il residuo fiscale, che nel Defr 2018 risaltava nel suo stratosferico ammontare, 18 miliardi di euro, nel Defr 2019 è scomparso, è desaparecido . Che fine ha fatto? Ora nel Defr la giunta Zaia fa riferimento al costo storico e rinvia i costi standard al lavoro di una commissione, tra cinque anni… È sparito il residuo fiscale – ha proseguito Fracasso – ma è sparita anche la legge delega, sono spariti i 9/10 delle tasse, è sparito il modello Trento e Bolzano.”

Ecco, la politica si fa solo spettacolo, si inganna l’opinione pubblica, sperando nella sua distrazione e smemoratezza. Ma i problemi non si risolvono, si promettono solo cose impossibili a mantenersi, rinnovando cambiali sempre più costose. “Quousque tandem abutere patientiae nostrae?” declamava in una famosa orazione il senatore Marco Tullio Cicerone. Ecco, non c’è un Catilina sulla scena politica (o forse sì?)  ma siamo ancora lì.

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1 commento

  1. Fiorenza Carnovik
    2 dicembre 2018

    Più grave ancora è che si chiami “sbaglio” la menzogna coltivata per anni e costruita (i curriculum) per far strada in politica. Quando la menzogna consapevole viene proclamata errore/sbaglio, non c’è più nulla che sia credibile o stabile.


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