Conte s’è desto?

Pubblicato il 11 gennaio 2019, da Politica Italiana

“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia” fa dire il grande Shakespeare al principe Amleto.

Anche per la politica italiana ci sono cose nuove, più nuove di quanto si potesse immaginare qualche giorno fa. Il premier Conte si è svegliato. Ha capito, o gli hanno fatto capire in Europa, al Quirinale e altrove (interessi, mentori vari, ecc.) che il confine tra la figura del notaio di un contratto e quella di una macchietta inutile è molto sottile. L’invincibile armata giallo bruna appare in realtà molto più fragile

Sceglie un argomento sensibile per la Lega. Sostanzialmente l’unica vera materia sbandierata da Salvini. Fare la faccia truce contro gli immigrati di qualsiasi natura, aizzando odio e rancore, a cui non corrisponde però alcuna politica concreta: rimpatri, sviluppo della cooperazione internazionale, accordi bilaterali, gestione dell’integrazione ecc. Tutte cose più complicate che fotografarsi a pane e nutella.

Purtroppo temo che c’entri poco un sentimento di solidarietà per i 39 disgraziati lasciati in mare, contravvenendo agli elementari doveri di soccorso. C’entra piuttosto una pura questione di potere. Non si può consentire che un Ministro dell’Interno dalle molteplici divise e dalle latitanti azioni appaia come il vero dominus del governo, a cui gli altri devono obbedire a bacchetta. Non se lo può più permettere Conte, che deve pur rendere conto di impegni che ha assunto in Europa per evitare la procedura di infrazione (che è sempre lì sospesa), non se lo può permettere Di Maio, in caduta libera di consensi, con una squadra di collaboratori modesti (il mitico Toninelli) e con scelte del tutto contrarie alle promesse elettorali, dalle banche, alla Tap ed altro. Né sottovaluterei il segnale dato da Grillo contro la cultura antiscientifica, su cui pure ha lucrato.

Cosa succederà? C’è il cemento del potere che è sempre molto solido ma è anche vero che se si imposta una azione di governo esclusivamente sulla boutade del giorno, sulla efficacia dei tweet a raffica non si governa. E le crepe sono molte, perché si conferma che il contratto era una finzione opportunistica e un progetto comune, che non sia appunto la spartizione del potere, non c’è: non c’è in materia economica e fiscale, sulle politiche sociali, sulle infrastrutture, ecc.

Perciò: cosa converrà fare a Salvini? Pensare di massimizzare ancora il consenso di qui alle Europee è forse difficile. Deve tener conto che evidentemente M5S non è più disposto a fare la parte dello sparring partner. Gli può convenire usare argomenti oggettivi per rompere il patto di governo pensando che in caso di nuove elezioni in fondo Lega più quel che resta di Forza Italia ed altri potrebbero prendersi la posta intera?

Staremo a vedere. Il fatto è che se è vero che quel blocco giallo bruno che sembrava così solido di fronte alle scelte concrete ed alle responsabilità di governo si sta sgretolando. Ma occorrerebbe che si profilasse una alternativa per smuovere i consensi degli italiani. E qui purtroppo né il PD, né altre forze residue a sinistra riescono per il momento ad essere presi in considerazione.

Il PD è alle prese con un elefantiaco congresso che a me sembra (spero di sbagliarmi) non muova alcuna passione, neppure tra i pochi iscritti rimasti. Né il dibattito congressuale riesce a far emergere visioni, prospettive, soluzioni convincenti. Come si fa ad essere presi sul serio nella denuncia (giusta) di torsioni autoritarie nelle condotte di governo e poi svolgere un congresso noioso e defatigante come se fossimo in una ordinaria situazione?

Occorrono gesti nuovi. Ormai non è correggibile la decisione (sbagliata) di seguire le farraginose regole congressuali pensate in un contesto tutto diverso, con una struttura bipolare del sistema politico. Però qualcosa si deve pur fare. Ad esempio un documento congiunto dei candidati (almeno i tre maggiori) che propongano un accordo di gestione intorno ai grandi valori condivisi, un Patto per l’Europa, coraggioso e fantasioso, l’impegno comunque ad una gestione condivisa, la trasmissione di un senso di eccezionale straordinarietà nella difesa democratica.

O lasciamo che sia Mattarella da solo a parlare a quell’Italia che c’è e che crede nei valori di una crescita solidale, in una politica capace di competenza e reputazione, in una visione del mondo che rifiuta il ricadere in nefasti nazionalismi? Fateci un po’ appassionare e sognare, cari dirigenti del mio partito…

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