Nonno Libero e le armi di distrazione di massa

Pubblicato il 25 gennaio 2019, da Politica Italiana

Mai sottovalutare l’avversario e mai pensare che certe decisioni siano prese inconsapevolmente. Mettiamo insieme due recenti annunci del governo giallo bruno, diversi per gravità ma appaiate dall’effetto che si vuole ottenere nell’opinione pubblica. Possiamo chiamarle armi di distrazione di massa in un evidente momento di difficoltà del Movimento 5 stelle: promesse non mantenute, calo nei sondaggi e collegio parlamentare perso in Sardegna, svillaneggiamento da parte di Salvini.

Dunque si nomina il simpatico Lino Banfi nella Commissione italiana per l’Unesco. Facile e spontanea la critica: che ci fa Lino, alias Oronzo Canà o nonno Libero in una commissione così? Non tanto un attore, ma un attore noto per commediacce all’italiana (mitica la serie in cui si occupa di guardare nel buco della serratura Edwige Fenech che si fa la doccia). Tanto per dire sostituisce Folco Quilici. Cosa sia la Commissione Unesco lo potete vedere qui https://www.agi.it/cronaca/unesco_lino_banfi-4883423/news/2019-01-22/. È facile capire che il buon Lino non conterà una mazza, né in senso positivo, né negativo, e del resto le sue prime dichiarazioni sono sconfortanti: vuol far sorridere (e va bene, ma poteva farlo lo stesso), sostenere il valore dei nonni come patrimonio dell’Unesco e sostenere Canosa di Puglia, secondo la logica del bonario clientelismo nostrano.

Però conta il messaggio: noi scegliamo un nome di grande popolarità, che alla gente piace, confermiamo che competenza e cultura per noi non contano niente. Reagiscono le élite. In Cambogia ai tempi dei Khmer rossi bastava possedere un paio di occhiali per essere giudicati pericolosi intellettuali ed avviati ai campi di concentramento. Qui fortunatamente non ci sono questi drammi ma importa il messaggio: la cultura è noiosa, le élite che leggono e studiano sono pericolose, basta uno di noi, ecc. Ed evidentemente l’orizzonte cinematografico del vicepresidente Di Maio è fermo ai film di Lino Banfi.

Intanto c’è però un capolavoro comunicativo: di una nomina che non ha mai fatto notizia e che non ha alcun rilievo si fa un evento che occupa le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali, per evitare di parlare delle risse governative, della sconfitta in Sardegna, ecc.

Più grave è naturalmente l’attacco alla Francia, sulla base di fatti orecchiati, di letture superficiali, di semplificazioni inaccettabili per un grande paese come dovrebbe essere l’Italia. Ma tanto non conta l’interesse nazionale, conta l’interesse elettorale, il mantenimento del potere fortunosamente conquistato. Così si torna a linguaggi che rimandano piaccia o non piaccia al passato, ad un passato un po’ vergognoso per l’Italia: quando Mussolini giustificava l’attacco alla Francia, già sconfitta dai nazisti, con argomenti simili a quelli usati dai due vice presidenti del consiglio.

So bene che i paragoni con il fascismo vanno usati con prudenza. Però non si può ignorare l’insegnamento della storia. Di come tutti i regimi autoritari abbiano usato l’arma di indicare un nemico (sia una razza, uno Stato, una organizzazione) per giustificare la permanenza al potere e come questa impostazione abbia sempre avuto esiti drammatici. E nessuno pensava che da qualche modesta circolare iniziale di controllo agli ebrei si sarebbe passati alla soluzione finale o che qualche rivendicazione territoriale avrebbe fatto scoppiare un’altra sanguinosissima guerra mondiale.

Molti nemici molto onore? Sappiamo come è andata a finire questa invenzione mussoliniana. E una Italia economicamente debole avrebbe bisogno non di isolamento ma di sostegno e reputazione internazionale. Intanto Germania e Francia prendono atto dell’inaffidabilità dell’Italia e si muovono per conto loro, la manovra finanziaria è ancora sub judice e dubito che Moscovici in questo contesto dia ancora l’aiuto essenziale che ha dato per evitare le sanzioni all’Italia che il fronte dei rigoristi voleva già mettere in moto.

Gli interessi del popolo italiano, tutto intero, non quella frazione minoritaria che ha votato per gli attuali partiti di governo, subordinati ai propri modesti interessi elettorali. Non è detto che continui a funzionare. Ad un certo punto il popolo si sveglia.

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