Alla politica non si può sfuggire

Pubblicato il 13 settembre 2019, da Politica Italiana

Il Governo è fatto, e dunque inutile interrogarsi se fosse meglio andare alle urne. Da adesso ciò che conta sarà la capacità di governare, cioè con i fatti convincere gli italiani che il voto va alla scadenza naturale non per paura del loro giudizio o del consenso a Salvini ma perché bisognava difendere gli interessi comuni.

I frutti potenziali già si vedono. Salvini potrà continuare la propaganda dicendo che Conte è andato a Bruxelles a ricevere ordini. Se anche fosse vero sarebbe sempre meglio di andare a Mosca a prendere ordini (e soldi) da Putin. Ma i fatti dicono che l’Italia ha saputo farsi rispettare ed ha ottenuto buoni risultati, a differenza della stagione degli insulti salviniani a Bruxelles e dei tentativi di intesa con i paesi di Visegrad, i primi ad impedire ogni politica di redistribuzione dei profughi.

Avere Gentiloni agli affari economici significa la garanzia di una nuova politica da parte della Commissione, più aperta alle esigenze di sviluppo e di giustizia sociale, e lo stesso vale per l’impegno a modificare le regole di gestione dei profughi, penalizzando chi non accetta una logica di solidarietà redistributiva. Prima cosa aveva ottenuto il Salvini con i suoi insulti? Di far soffrire inutilmente qualche decina di profughi, mentre ne sbarcavano clandestinamente centinaia.

Si pone però l’interrogativo che avanza su Repubblica Ezio Mauro: “Così oggi il governo è partito, ma per forza di cose è già davanti a un bivio. È un’alleanza tecnica tra due movimenti costretti a incontrarsi per pura necessità o è un’intesa politica che vuole chiudere col passato e aprire una fase nuova per il Paese?”.

È un tema che riguarda principalmente i 5 stelle. Per due motivi: il primo è che è un movimento composito. Con questo governo ritorna alle sue origini, ritrovando temi e sensibilità “a sinistra”: l’ambiente, lo sviluppo sostenibile, l’economia circolare, i diritti umani, i beni comuni, ecc. Però nella crescita impetuosa dei consensi ha contato molto un elettorato più sensibile ai temi della destra populista: alle invettive contro il parlamento, ai rancori sociali, all’insofferenza per le regole costituzionali, le paure dei cambiamenti, ecc. Di Maio, reduce dall’innamoramento salviniano, può accontentarsi di dire che non esiste più la destra e la sinistra, ma il Movimento deve affrontare questo nodo ed è il secondo problema: come gestire un discorso pubblico con un elettorato che è stato cresciuto al disprezzo dell’avversario, alla cultura del vaffa. Che va bene se si sta all’opposizione, ma quando si deve scegliere…

La Rete naturalmente rigurgita delle tante dichiarazioni di fuoco dei leader grillini contro il PD, Gentiloni, i poltronari, ecc. ecc. Parole spesso imprudenti, di chi si accontenta della battuta del giorno e non pensa mai alle prospettive future e che adesso riemergono e rendono oggettivamente debole la posizione dei grillini. Il “mai dire mai” non era l’espressione cinica di una politica politicante, ma la consapevolezza che evolvono le condizioni politiche, le sensibilità elettorali, le domande del paese. La politica avrebbe bisogno anche di rispetto degli avversari, per una regola generale ed anche perché gli avversari dell’oggi possono diventare necessari alleati del futuro. Non mancano in rete pure le invettive di Renzi contro ogni accordo con i grillini, ma poi…

Sarà un nodo politico che i grillini devono saper affrontare. Perché non si può passare da una alleanza all’altra senza un profondo ripensamento della propria storia, dei valori che l’hanno sostenuta, con una spiegazione chiara ai propri elettori. Anche perché le elezioni regionali alle porte presenteranno il problema politico: Se al governo ci sia una momentanea alleanza di convenienze o il disegno di una prospettiva politica da costruire. In fondo la crisi del governo gialloverde è nata proprio da qui: un contratto tra parti contrapposte invece di una alleanza politica, ma alla politica nel governo di un paese non si può sfuggire.

Non può esserci un trasferimento automatico di alleanze da Roma in giù che non sarebbe compreso dagli elettori. Anche perché allora il PD dovrebbe improvvisamente dire che a Roma c’è un ottimo Sindaco! Quando negli anni ’60 nacque in Italia il centrosinistra con una alleanza tra democristiani e socialisti in molte giunte locali restò ferma l’alleanza tra PCI e PSI, perché i processi storici hanno bisogno di maturazione.

Però occorre il lavoro sul territorio se si crede alla prospettiva politica. Che è l’unico modo per sostenere la credibilità del governo. Oggi i grillini possono dire che l’argomento non è all’ordine del giorno e lo capisco e direi che anche il PD non deve fare fughe in avanti. Ma l’argomento sarà presto all’ordine del giorno.

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