Il virus del federalismo chiacchierone

Pubblicato il 2 marzo 2020, da Politica Italiana

 

I momenti di crisi mettono tutto sotto stress. Come nelle famiglie emerge il meglio e il peggio, ciò che funziona, ciò che tiene insieme, i malfunzionamenti e gli egoismi.

Ad esempio il virus ha fatto giustizia di un altro virus, quello di un federalismo straccione e propagandistico. Quello di Roma ladrona e primi i Veneti. Quello improduttivo che inseguendo il mito delle 19 materie da rivendicare allo Stato con relativo referendum ha prodotto zero risultati con la Lega al governo in posizione dominante.

Si capisce chiaramente che invece servono i buoni anticorpi. Un federalismo solidale e cooperativo, non fatto di nemici ma di servitori della comunità nazionale. Come prescrive la Costituzione all’art. 114, con le modifiche introdotte su proposta del centrosinistra: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Tutti insieme facciamo la Repubblica. Quando devolviamo all’Unione Europee alcune funzioni non stiamo cedendo potere, semplicemente decidiamo di svolgerle in modo cooperativo ad un livello più elevato, pensando che così si possano servire meglio gli interessi del popolo italiano. E così la devoluzione di poteri dello Stato alle Regioni non è una spoliazione ma un modo possibile di gestire in modo più efficiente la cosa pubblica.

La prova dello stress cosa ci dice? Che c’è bisogno di strutture statali forti e competenti. Che la competenza scientifica non è uno vale uno (e anche la politica sarebbe una scienza o un’arte secondo gli antichi) ma conoscenza, autorevolezza conquistata sul campo scientifico. L’Istituto Superiore di Sanità è una eccellenza dello Stato, a servizio di tutti i cittadini. E in fondo, e giustamente, quando si è trattato di decidere il federalista Zaia si è rimesso agli organi scientifici dello Stato centrale. Un conto è fare propaganda un conto è assumersi la responsabilità di firma su provvedimenti delicatissimi.

Poi ci dice che regge la sanità pubblica. Forse la più grande conquista in materia di welfare. Sul fronte ci sono state le strutture pubbliche. Quelle che devono farsi carico delle emergenze, della cura delle malattie anche se rare, capaci di accogliere in condizioni di parità. Ne dovremmo essere più consapevoli noi popolo diventato lamentoso.

La prova dello stress ci dice una terza cosa. Che non è che nei territori chi ha preteso il titolo altisonante di Governatore al posto di quello più modesto ma più veritiero di Presidente della Giunta Regionale abbia dimostrato di essere all’altezza del compito, di essere meglio del Governo centrale, che pure ha fatto i suoi errori. Però meglio il silenzioso ma operativo Ministro della Sanità Speranza. Presidenti che hanno parlato a sproposito, facendo non pochi danni. Si comprende appunto lo stress tuttavia occorrerebbe attenersi al consiglio di Wittgenstein: «Su ciò di cui non si può parlare occorre tacere» Nel pregevole A ciascuno il suo duemila epiteti veneti Luigi Nardo ricorda il termine “boca/on”: chi parla troppo e a vanvera. Ecco abbiamo avuto dei Presidenti un po’ boccaloni. Si capisce lo stress, ma è appunto sotto stress che si misura la qualità. Quando tutta va bene vanno bene più o meno tutti.

Attilio Fontana in Lombardia. Non c’è dubbio che con la surreale immagine della mascherina ritenesse in assoluta buona fede di rassicurare i Lombardi, di dimostrare che con comportamenti responsabili non c’è da aver paura. Ma mi domando: nella più grande Regione italiana, con ben forniti uffici comunicazione, ci si ferma ad una sorta di patetico video amatoriale. Ammettiamo che questa fosse una necessità comunicativa o che Fontana fosse convinto di questo. Ma nessuno gli ha fatto presente che l’immagine avrebbe avuto un effetto devastante sull’Italia a livello planetario e che non essendo positivo, come si è spiegato in tutte le salse, non si doveva mettere la mascherina?

E comunque dovendo mandare un messaggio forte, che desse anche il senso della drammaticità del momento come si può mandare in giro per il mondo l’immagine di uno che indossa la mascherina sbagliata non riuscendo ad indossarla. Più vicino a Brighella ed Arlecchino che al governatore di una grande regione.

Poi c’è il nostro Luca Zaia. Ben imbrillantinato come al solito proclama che i veneti sono sani perché si lavano molto. La discriminante tra attenti all’igiene ed i trasandati non ha confini amministrativi…E se vogliamo dirla tutta è vero che anche in questo c’è un riscatto del popolo veneto: nel 1951 sono senza acqua potabile il 32% delle abitazioni (10% in Lombardia), e prive di gabinetto il 16%.

Pensando sempre di fare propaganda per il proprio elettorato medio se ne vien fuori con l’incredibile affermazione “tutti abbiamo visto i cinesi mangiare topi vivi”. Topi e per lo più vivi! Una affermazione che può fare un frequentatore dei bar della pedemontana dopo un buon numero di ombre. Non certo il Presidente di una Regione che esporta in Cina per 10 miliardi di euro, prima destinazione extra Eu. Si è scusato, ma la Cina ha la memoria lunga…

E a proposito di topi anche qui abbiamo ricordi tragici. Molti veneti, mandati a combattere sulle Alpi e sul Carso durante la prima guerra mondiale furono costretti a nutrirsi di topi. Il rancio non arrivava e dovettero adattarsi. Gli interventisti erano boccaloni sui giornali, ma poi la vita di trincea era quella.

Infine altri due Presidenti sui generis. Quello siciliano che ci invita a non andare in Sicilia, immagino con gioia degli operatori turistici. Una regione che fa 15 milioni di presenze turistiche, un milione e mezzo da Veneto e Lombardia. Infine il governatore delle Marche che si ostina (non so se come rivalsa perché non lo vogliono ricandidare) a fare il protagonista contro lo Stato volendo chiudere le scuole. Senza motivo.

Per fortuna che c’è anche Bonaccini. Che con misura e riserbo gestisce i problemi di una grande regione senza figuracce.

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1 commento

  1. Broggio Sergio
    3 marzo 2020

    Bravo Paolo, sotto stress non sbaglia a tagliare nastri inaugurativi, in particolar modo si trova a suo agio a partecipare a sagre e fiere di paese.
    Speriamo che presto di un uomo del genere possiamo farne a meno. Augurandogli lunga vita.


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